Intervista a Guglielmo Epifani di Massimo Giannini – La Repubblica, 26 agosto 2013
Il Pd respinge con forza qualunque ricatto o ultimatum del Pdl. Quella di Berlusconi non è una “questione democratica”. È un caso di assoluto rilievo politico, ma riguarda principalmente la destra. Non tocca a nessun altro risolverlo: né a Napolitano, né a Letta, né al Pd. Il Pdl decida cosa vuole fare, e se ne assuma la responsabilità di fronte al Paese”. Guglielmo Epifani respinge l’editto di Arcore, che può sancire la fine del governo Letta. Per il leader Pd sull'”agibilità politica” del Cavaliere non si tratta.
Epifani, Berlusconi e Alfano considerano «impensabile e costituzionalmente inaccettabile» la decadenza di Berlusconi. Dunque, se il Pd la vota, il governo cade per colpa vostra. Cosa risponde?
«L’unica cosa davvero inaccettabile, in tutta questa vicenda, è la motivazione che spinge Berlusconi a far saltare il tavolo. Vorrei dire una volta per tutte che in gioco non c’è alcuna “questione democratica”. C’è solo da uniformarsi alle regole dello Stato di diritto, rispettando la separazione dei poteri, se non vogliamo diventare una Repubblica delle banane».
Lei sta dicendo che il Pd dirà sì alla decadenza, quando si arriverà al voto in Giunta e poi in aula al Senato?
«Il Pd rispetterà la legge. Ma è chiaro che voteremo sì. Io non ho mai avuto dubbi, né per il voto palese in giunta né per il voto segreto in aula. Tra di noi non ci saranno franchi tiratori. E questa decisione non nasce dal fatto che vogliamo “eliminare per via giudiziaria un avversario politico”, cosa che in via di principio va sempre esclusa. Lo facciamo invece perché è giusto così e perché questo è ciò che ci impone il principio di legalità. Nessun giustizialismo da parte nostra, ma nessun salvacondotto per chiunque. Ed è la stesa cosa che abbiamo fatto quando si è trattato di valutare i comportamenti della nostra parte».
Quindi lei chiude le porte alle varie ipotesi di cui pure si parla, dalla grazia all’amnistia alla commutazione della pena?
«Tentativi affannosi, scorciatoie impercorribili. Nel metodo, non si affrontano temi così delicati sull’onda delle urgenze personali di un singolo. Nel merito, la grazia va chiesta, e sui requisiti giuridici il presidente della Repubblica, cui spetta questo potere esclusivo, è stato chiarissimo. Per l’amnistia, che sarebbe l’ennesimo provvedimento ad personam e che la destra ha sempre avversato, non ci sono i numeri in Parlamento. Il voto in Giunta sulla decadenza ha le sue regole e i suoi tempi, che non si precipitano né si diluiscono, fermo restando che in quella sede Berlusconi ha il diritto di difendersi. Ma insomma, qui l’unica cosa che conta è ancora una volta il rispetto della legge, che impone soluzioni limpide, nel solco della nota di Ferragosto del Capo dello Stato, nella quale il Pd si riconosce in pieno».
Il Pdl esige un «ripensamento», visto che qualche giurista ipotizza l’incostituzionalità della legge Severino. Lei che ne pensa?
«Un tema di questa natura ha ovviamente un profilo che va soppesato, anche se personalmente non ne ravvedo le condizioni. Ma in ogni caso, non può essere il Parlamento a sollevare questo rilievo».
Berlusconi e Alfano, di fronte a queste sue chiusure, le risponderanno che il Pd affossa il governo Letta.
«Questo è un rovesciamento della verità. Berlusconi è stato condannato in via definitiva, deve scontare una pena principale e la pena accessoria dell’interdizione. E ora viene a dire a noi che il Pd deve trovare una soluzione? Ma ci rendiamo conto dell’assurdo salto logico e politico? Questo non è un problema del Pd, è un problema di Berlusconi e del Paese, al quale il Cavaliere deve rendere conto di cosa è successo nella vicenda che lo porta alla condanna, e al quale deve spiegare perché nel caso intende porre fine al governo e alla sua funzione di servizio nella crisi drammatica che ancora viviamo».
Il Cavaliere dice che se due amici stanno in barca e uno dei due butta l`altro in mare è chiaro di chi è la colpa se poi la barca affonda…
«In questa storia evocare la categoria dell’amicizia è solo un diversivo. Per noi, quando c’è in ballo la legalità, vale un altro principio: “Amicus Plato, sed magis amica veritas”. E non c’è altro da aggiungere».
A questo punto il governo Letta è al capolinea?
«Solo un cieco non vede che il governo vive ore critiche. Il Pd ha fatto e continuerà a fare ogni sforzo perché il governo vada avanti. Se guardo all’interesse del Paese e a quello di chi in questi mesi ha sofferto di più, i giovani, le famiglie e le imprese, sono sicuro che lo sbocco peggiore sarebbe la caduta del governo e la corsa ad elezioni anticipate. Letta sta facendo un lavoro prezioso, in pochi mesi ha ricostruito la credibilità dell’Italia, i prossimi impegni sono gravosi, dall’ Imu all’Iva, dalla scuola ai precari, dalla revisione del Patto di stabilità interna alla legge di bilancio. Una crisi al buio, adesso, ci farebbe riprecipitare nel caos: i costi sociali sarebbero enormi, i mercati ci punirebbero ancora una volta».
E’ tutto vero. Ma come se ne esce, se il Pdl scioglie il patto, in nome dalla mancata «pacificazione» che lo giustificava?
«La “pacificazione” è stato un tema usato dal centrodestra, ma non certo da noi. Non ho mai pensato che il governo dovesse essere utile a qualcuno, ma sono sempre stato convinto che dovesse e dovrebbe essere utile solo all’Italia. Per questo, adesso, di fronte agli ultimatum del Pdl rilanciamo noi l’appello a loro: in nome dell’interesse del Paese, non staccate la spina. La strada maestra, per quanto tortuosa, è far proseguire il governo Letta, perché questo chiede la stragrande maggioranza dei cittadini».
Siamo al solito gioco del cerino: a chi lasciarlo in mano, additandogli la colpa della crisi?
«A questo gioco non ci stiamo. Il Pd ha sempre avuto come stella polare il valore della responsabilità: verso l’Italia e verso tutti gli italiani. In nome di questa responsabilità abbiamo accettato e sostenuto il governo Monti, finendo per sopportare da soli il peso di scelte che non sempre condividevamo, perché alla fine, anche in quel caso, Berlusconi ha rotto il patto, ci ha portato al voto e si è presentato agli elettori “vergine”, rinnegando le scelte che aveva appoggiato fino a pochi giorni prima. In nome di questa responsabilità abbiamo accettato e sostenuto il governo Letta, una scelta non certo ottimale per noi, ma necessaria per il Paese. Ogni volta abbiamo pagato e paghiamo un prezzo, per questa nostra responsabilità…».
E’ quello che vi rimproverano i vostri elettori.
«Lo capisco, e per questo dico “adesso basta”. Di fronte alla condanna definitiva di Berlusconi, non si può chiedere a noi ancora “responsabilità”. E’ un problema della destra, se ne faccia carico la destra. Scelga quale strada vuole imboccare: quella della responsabilità e della stabilità, o quella del “tanto meglio, tanto peggio”. Poi la spieghi agli italiani, a viso aperto».
Inutile illudersi. A questo punto si torna alle urne?
«Lo ribadisco: una crisi adesso sarebbe un danno per l’ Italia. Sullo scioglimento delle Camere la parola spetta al Capo dello Stato, ma certo tornare alle urne con il Porcellum sarebbe una follia».
Allora è possibile fare un altro governo con le colombe del Pdl che si staccano dai falchi? O si può riaprire un dialogo con M5S?
«Sono scenari insondabili, oggi come oggi. Non so di faglie interne al Pdl. Quanto ai 5 Stelle, devo constatare purtroppo che l’ultima uscita sul ritorno al voto con il Porcellum conferma che Grillo punta solo al tatticismo e gioca solo allo sfascio del Paese».
Ma Letta può andare avanti a qualunque costo, compreso quello del galleggiamento? Ha ragione D`Alema, a dire che questo governo è una parentesi che non sarà riaperta?
«Certo, il rischio del galleggiamento c’è e va scongiurato, ma questo Letta è il primo a saperlo. Dobbiamo aiutarlo noi, a fare le cose di cui c’è bisogno per rilanciare la crescita e il lavoro. Quanto alla “parentesi”, Letta e i suoi ministri si sono assunti un compito enorme, e lo stanno portando avanti con forza e con dignità. Qualunque uscite volta a indebolire Letta non servirebbe e sarebbe ingenerosa».
Veltroni sostiene che il Ventennio berlusconiano è finito, e che questo impone una svolta non solo al Pdl, ma anche al Pd. Lei che dice?
«Un ciclo finisce quando termina, e lo scopriremo tra poco. Per quello che ci riguarda, il Pd deve essere ancora più unito, e mi pare che in queste settimane abbia dato prova di esserlo. Ci aspettano scelte importanti, e dobbiamo dimostrarci all’altezza del compito. Il cammino è tracciato e, se non ci saranno fatti traumatici, siamo a un passo dalla definizione delle regole per il congresso. Il 20 settembre, all’assemblea nazionale, tutto sarà chiaro. Non ci saranno rinvii, né tatticismi».
Ma lei è davvero convinto che sia giusto separare la leadership del partito dalla premiership?
«Si, io penso sia giusto che non ci siano automatismi».
Renzi continua a scalpitare, su data del congresso e regole. E` davvero il candidato più forte, secondo lei?
«Il Pd spesso, in tutti questi anni, ha dato di sé il volto delle divisioni. Ora è tempo di una nuova unità, anche come base di un maggior consenso nel Paese. Renzi ha in sé due forze: il rinnovamento e il consenso. Le primarie per la leadership decideranno il candidato della coalizione, e quello sarà il candidato che tutto il Pd sosterrà».