Forza e attualità del pensiero di Marx

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A 200 anni dalla sua nascita la forza e la fecondità del suo pensiero restano intatti. A nessuno è dato di andare oltre il suo tempo, riconosceva Hegel.

Ma Marx ha influenzato, più di ogni altro pensatore, tanti campi di azione e di pensiero: le vicende politiche e storiche del ‘900, la nascita e lo sviluppo del movimento comunista internazionale, la discussione della sinistra non comunista (socialdemocratica, laburista e democratica) e non poco della identità per contrapposizione del pensiero liberale e conservatore. A lui si deve una sterminata influenza sugli studi e la ricerca intellettuale e accademica nei campi della filosofia, della sociologia, dell’economia politica e del pensiero politico. Lui stesso è stato tributario e in buona misura continuatore del pensiero di Hegel e della ricerca di Adam Smith e Ricardo. 

A Marx si deve la prima e più sistematica analisi critica del capitalismo e del suo sistema di produzione e di scambio e non a caso, a distanza di 150 anni, l’opera sulle disuguaglianze del nostro tempo più letta e diffusa, il libro di Picketty, porta lo stesso titolo della sua opera fondamentale.

A Marx si deve la elaborazione più completa del rapporto tra lavoro e capitale nel tempo moderno, la definizione di lavoro salariato, di sfruttamento e di alienazione, di valore e plusvalore, di caduta tendenziale del saggio di profitto, di esercito industriale di riserva, di capitale costante e capitale variabile, di valore d’uso e di valore di scambio.

Sempre a lui infine si deve la prospettiva del superamento del sistema capitalistico, seguendo le leggi della dialettica e del materialismo storico, e l’affermazione della società comunista dove bisogni e capacità, liberati dal giogo dello sfruttamento e dell’alienazione, ritornano ad essere pienamente soddisfatti e riconosciuti. Si capisce facilmente, anche solo da questa elencazione di temi e di titoli generali, come risulti impossibile pensare a tutta la storia della sinistra europea e mondiale senza l’elaborazione di Marx e la stessa cosa vale sia pure più indirettamente per le vicende del movimento sindacale.

Il tema della emancipazione del lavoro dallo sfruttamento e l’obiettivo della libertà e dell’auto determinazione del lavoro e nel lavoro hanno accompagnato la nascita, lo sviluppo e le alterne vicende della storia del movimento operaio e sindacale e rappresentano al tempo nostro problemi e obiettivi non ancora risolti.

Le precarietà del lavoro di oggi è la condizione, come è noto, che segna la vita di tanti giovani e il modello sociale prevalente. La dignità del lavoro è il tratto centrale di una società e una comunità civile e la crescita delle disuguaglianze rappresenta insieme il più serio freno alla crescita equilibrata dei paesi e il fallimento della prospettiva di una società più giusta e inclusiva.

Nel pensiero di Marx si può trovare sia la dicotomia tra uguaglianza formale ed uguaglianza sostanziale, sia l’origine dell’affermazione della esistenza delle due libertà: libertà come assenza di coercizione e libertà come assenza di impedimenti, per dirla con Bobbio.

Mentre colpisce per la sua forza il quadro che Marx fa nel Capitale, dopo il lavoro di Engels, relativo alla condizione di sfruttamento nelle manifatture inglesi del lavoro delle donne e dei bambini. Naturalmente nel rimettere al centro del dibattito pubblico e dell’interesse politico il tema del lavoro e della sua condizione nel corso del 900 e fino ai giorni nostri, hanno contribuito tanti processi e tanti contributi di pensiero e di valori. La dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum Novarum fino alla predicazione di Papa Francesco, ne rappresenta un aspetto originale e fondamentale; altrettanto importanti sono stati il personalismo alla de Man, il pensiero del riformismo socialista e le teorie sulla società giusta.

Il cuore per Marx del sistema di produzione e accumulazione capitalistica risiede, come è noto, nel rapporto tra lavoro e plusvalore e tra valore e plusvalore. Questo rappresenta “la legge economica del movimento della società moderna”. Infatti “se si scambiano equivalenti non nasce nessun plusvalore, ma anche se si scambiano non equivalenti neppure in tal caso nasce plusvalore”, come avveniva per il capitale mercantile ed usuraio.

”E’ la compera e la vendita della forza lavoro” che segna la società capitalista e che quindi rende possibile la creazione di plusvalore, fino al punto che “meno che mai tale processo di storia naturale può rendere il singolo responsabile di rapporti dei quali rimane socialmente creatura.”

Lo sfruttamento del lavoro è per questo la condizione inevitabile del sistema: ”Il capitale si è sviluppato in comando sul lavoro, in un rapporto di coercizione” e, al di là del pensiero di Adam Smith, ”non è solo potere di disporre del lavoro ma essenzialmente di lavoro non retribuito”.

La produzione capitalistica è insieme processo lavorativo e processo di valorizzazione del capitale. Non è l’operaio ad adoperare la condizione del lavoro ma questa ad adoperare l’operaio e solo con le macchine questo diventa evidente: ”Non è più l’operaio che adopera i mezzi di produzione ma sono i mezzi di produzione che adoperano l’operaio”. 

Lo sfruttamento presuppone e determina le forme dell’alienazione. Altro è il lavoro, altra la  proprietà del suo prodotto, altra la proprietà dei mezzi di produzione.

Nella produzione di plusvalore che può essere assoluto o relativo, è importante per Marx la questione della durata della giornata lavorativa. Il capitale richiede che la giornata vada oltre “il punto di produzione del valore della forza lavoro”. Il lavoratore al contrario tende a ridurne la durata.”Si tratta di un diritto contro un altro diritto, consacrati dalla legge dello scambio delle merci. Fra diritti uguali decide la forza, la lotta tra la classe dei capitalisti e l’operaio collettivo, cioè la classe operaia.”

Colpisce nel Marx del Capitale la difficoltà a stabilire un rapporto chiaro tra uso delle macchine e produttività del lavoro. Abbiamo visto come Marx insista sul rapporto di dipendenza del lavoro verso le macchine; meno esplicito è il rapporto che si determina tra produttività delle macchine, produttività del lavoro e durata della giornata lavorativa. In alcune parti del libro questo legame viene stabilito, in altre molto meno. In un passaggio poi sembra addirittura negato:”I mezzi produzione non possono mai aggiungere al prodotto più valore di quanto ne posseggono indipendentemente dal processo lavorativo al quale servono.”

Nessuno può andare oltre il suo tempo ripeteva Marx citando Hegel e col tempo naturalmente sono apparsi chiari sia la validità di tante analisi fatte sia la fallacia di altre previsioni o i limiti di alcune considerazioni.

Le caratteristiche del lavoro contemporaneo, le tendenze di un liberismo ed una globalizzazione senza regole, la corsa al ribasso di salari e diritti nei paesi più avanzati, la ricerca di costi del lavoro sempre inferiori per accrescere i profitti e infine le dinamiche del capitalismo finanziario e l’impoverimento della classe media, ci consegnano una realtà molto vicina alle considerazioni fatte da Marx 150 anni fa.

Su altri aspetti, come la presunzione di indicare leggi naturali dei processi storici o far valere una idea di determinismo superiore a qualsiasi forza e responsabilità dei soggetti, o anche fare risalire integralmente profitti e prezzi finali delle merci alla teoria del plusvalore, è evidente come le cose stiano su fattori e terreni diversi.

Su altre questioni infine, come i limiti fisici e ambientali dello sviluppo, la centralità assunta dai consumatori per orientare preferenze e investimenti, i nuovi dilemmi tra poteri degli Stati e regolazione delle istituzioni internazionali o anche le grandi innovazioni di prodotto e quelle di processo legate alla intelligenza artificiale, alla automazione o ai calcoli matematici contenuti negli algoritmi, le sfide che abbiamo oggi di fronte richiedono soluzioni e analisi in gran parte innovative e diverse.

Ma certo proprio la complessità dei problemi del mondo contemporaneo in fondo ci fa sentire la mancanza di un pensiero valido per noi che abbia la unitarietà la forza e la profondità di quello che Marx elaboro’ per il capitalismo di fine 800, capace allo stesso tempo di suscitare progetti e passioni politiche e civili delle quali avvertiamo la mancanza.                                                                                                                                     

Guglielmo Epifani

 

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