Intervista di Mariano Paolozzi – Cronache di Napoli
Sì alle critiche, no alle provocazioni. Guglielmo Epifani invita le forze di maggioranza ad abbassare i toni ed armarsi di buon senso. Per il deputato di Liberi e Uguali, e già segretario generale della Cgil, è fondamentale che il governo si doti di una strategia industriale seria e complessiva e che il centrosinistra sappia allargare il campo della rappresentanza politica rimettendo il lavoro in cima alle proprie priorità.
Dalla Leopolda Renzi ha lanciato una sfida al governo su Quota 100, rinnovando però la fiducia nell’esecutivo Conte.
Avete paura di uno ‘Stai sereno’ bis?
Mentre il centrodestra per la prima volta dopo tanto tempo torna in piazza e sconfigge le sue divisioni, Renzi dalla Leopolda attacca il governo e le forze che lo sostengono. Invece di sostenerlo, sembra sia più interessato a marcare la sua identità. Così lo rende più debole. E’ questo il problema che Renzi e Di Maio devono porsi: loro sono una parte, non il tutto. Se dall’interno ogni giorno, su questo o quel punto, si operano dei distinguo emerge un dato preoccupante: il centrodestra è compatto e la maggioranza è divisa. Occorre maggiore cautela, è un governo nato solo pochi mesi fa.
Salvini, con Berlusconi e Meloni, ha riempito una storica piazza ‘rossa’, San Giovanni in Laterano. Che impressione le ha fatto la manifestazione?
Oggi (ieri, ndr) Salvini assume formalmente la leadership del centrodestra e dell’opposizione. Sono gli altri che sono andati nel luogo e secondo le modalità scelti dal segretario della Lega. Emerge che il centrodestra è forte e punta a contendere la guida del Paese. E’ questa la ragione che mi spinge a dire che la maggioranza deve presentarsi compatta.
L’accordo di governo bisogna saldarlo e trasformarlo in alleanze come inizia ad accadere in vista delle Regionali?
Prima di parlare al futuro c’è di mezzo quello che accadrà nei prossimi mesi. Se questo governo riesce ad andare avanti come è partito, come in parte la Manovra conferma, se si dimostrerà in grado di dare sostegno reale alle istanze del Paese, l’alleanza può essere conseguente. Non è una dinamica automatica, c’è bisogno di fare crescere il consenso nelle diversità che ci sono. Ad esempio, se a livello locale vincesse il centrodestra il governo sarebbe più debole. Io mi concentrerei in questi mesi sul profilo che dobbiamo assumere. Anche quando ci sono opinioni diverse bisogna ragionare: io non ho mai gradito quota 100, l’ho detto anche alla Camera e in circostanze precedenti. La Fornero andava riformulata venendo incontro a chi fa lavori pesanti e non ce la fa più, a chi, come le donne, ha difficoltà ad avere una carriera contributiva piena. Avrei preferito quindi un’altra strada ed una misura per i più giovani. Dopodiché capisco che per una parte consistente del governo è difficile modificare radicalmente quello che si è fatto solo poco tempo prima. Ma bisogna trovare il giusto equilibrio e i giusti toni senza litigare su tutto con modi bruschi.
In Campania la discriminante sembra essere De Luca: si può barattare un governatore uscente per un accordo tra partiti?
In Campania c’è un problema evidente. Se si vuole vincere la partita c’è bisogno di allargare il campo. E il risultato regionale può trascinare il Comune di Napoli. Da qui ad un anno e mezzo si vota nella seconda regione e nella terza città d’Italia. Il primo punto da chiarire è uno ed uno soltanto: si vuole vincere o meno contro un centrodestra così forte? Prima bisogna chiarire questo aspetto ed allargare, poi si discutono le condizioni. Vorrei chiarire due questioni. La giunta De Luca non ha fatto male, non si può dare un giudizio negativo su questo punto di vista e va detto con chiarezza. Poi il giudizio positivo sull’azione amministrativa potrebbe non essere sufficiente per allargare il campo. Credo che nessuno, però, di fronte ad una prospettiva seria di allargamento possa sollevare questioni personali. Vedo tante divisioni nel campo dei 5 Stelle così come tra le forze del centrosinistra.
L’emergenza delle emergenze è il lavoro come dimostra il caso Whirlpool. Come deve e come può muoversi il governo?
Io credo che nelle condizioni date con la Manovra non si potesse fare di più. Si parte dall’impegno di non toccare l’Iva poi si può fare poco. C’è il Cuneo fiscale, poco ma c’è. La lotta all’evasione torna finalmente centrale. E’ evidente che la partita la si vince o la si perde se si immette una spinta alla riprese ed ai problemi del lavoro. Ci sono tante crisi e vertenze, tra cui quella della Whirlpool, per risolverle bisogna avere una grande strategia industriale e non limitarsi ad affrontare emergenza dopo emergenza. Ad esempio sulle auto, tema sul quale si è aperto il tavolo con il ministro. La scelta di puntare sull’elettrico, su cui Fca è in ritardo, è un grande e fondamentale tema. Il secondo grande settore è la siderurgia: l’acciaio per un paese manifatturiero è fondamentale. Sono due grandi esempi che riguardano anche il Mezzogiorno. Questo è il mio invito: il governo lasci la quotidianità, l’emergenza e passi ad una strategia industriale seria e complessiva da studiare insieme ai sindacati e Confindustria. Il caso Whirlpool è certamente una crisi locale che s’innesta in una contesto di difficoltà strutturale e generale. L’industria degli elettrodomestici è in grande crisi, l’Italia era leader in Europa e non lo è più. Come detto in precedenza, bisogna compiere una riflessione importante su tutto il settore.
Leu è riuscito a inserire in Manovra l’abolizione del Super ticket nella Sanità. E’ soddisfatto?
E’ un risultato importante. Abbiamo dimostrato come si deve stare in coalizione. Porre problemi sentiti dal Paese senza strillare e senza protagonismi inutili.