Intervista di Monica Guerzoni – Corriere della Sera – 8 giugno 2015
“Le riforme richiedono consenso, sulla scuola paghiamo il prezzo più alto.”
Guglielmo Epifani, la minoranza cerca la rivincita al congresso o un accordo con Renzi fino al 2018?
«Vogliamo arrivare a fine legislatura, con un governo che vada lungo la strada giusta. E, allo stesso tempo, mettere mano seriamente al partito, partendo dalle regole e dalle primarie. Quanto è successo deve servirci di lezione».
Le Regionali sono state una lezione per Renzi?
«Il Pd ha tenuto, ma il campanello d`allarme non va sottovalutato. L’astensione sale per tutti e colpisce molto anche il Pd.
In Umbria abbiamo vinto per 15 mila voti e in Campania per 6o mila, o poco più. Sventato un pericolo, dobbiamo capire perché lo abbiamo corso.
Il prezzo più alto, quanto a consenso, lo abbiamo pagato sulla scuola. Ma non è tutto. Il Pd paga l’Imu agricola, le voci incontrollate sulle pensioni e la crisi economica e sociale».
Renzi apre sulla scuola perché non ha i numeri?
«Il problema non sono i numeri, è il rapporto col Paese e con l’elettorato del Pd ed è la qualità del cambiamento»
La Buona scuola non va?
«La valutazione degli insegnanti si può fare sul serio, oppure nel modo sbagliato. Lo stesso vale per i precari. Se le risorse per stabilizzare tutti non ci sono, il tema è offrire un percorso anche a quelli che non stabilizziamo. Intendo un piano credibile rispetto alle attese e ai diritti degli insegnanti».
Se invece Renzi trovasse i voti di Berlusconi?
«Non si può sempre procedere per strappi, sulla scuola ci giochiamo il rapporto con parti fondamentali del Paese. A forza di fare strappi si riduce il consenso».
E se i vostri in commissione venissero sostituiti?
«Forzature, che non risolvono alla radice il problema».
Il problema di Renzi sono i “gufi” di sinistra…
«La riforma della scuola è fondamentale, ma bisogna farla bene. Dividere la minoranza tra buoni e cattivi, dialoganti e gufi, è pura tattica, che non risolve i problemi indicati dal voto. Se vogliamo arrivare al 2018 dobbiamo andare oltre la tattica e le divisioni del Pd.
Le riforme richiedono consenso e partecipazione democratica».
Sulla riforma costituzionale cosa chiedete?
«Per rafforzare i poteri del Premier, bisogna mantenere una forza e un’autonomia del Parlamento. La composizione del Senato non va e non si può separare riforma costituzionale e riforma elettorale».
Volete riaprire l’Italicum?
«L’Italicum apre a un rischio molto forte. Se si arriva al ballottaggio tra Il Pd e una forza del populismo noi possiamo anche perdere, perché si forma una coalizione di tutti quelli che sono contro. Meglio creare le condizioni perché chi vince salvaguardi il tratto democratico del Paese».
La minoranza del ministro Martina sarà premiata dalle nuove nomine di Renzi. E voi?
«A noi sta a cuore il metodo, non le caselle. E poiché alla prima prova il partito della nazione ha fatto fallimento, conviene a tutti superare l’ immagine di un partito diviso e siglare un accordo per arrivare al 2018»
Dopo Pastorino e Civati ci saranno altre uscite?
«Nel 2016 si vota in alcune grandi città. È arrivato il momento di dire basta a primarie estemporanee e di costruire albi degli elettori che diano certezza e trasparenza. La politica delle alleanze locali devono farla gli organismi di partito, non le primarie. Fosse stato così in Liguria, nessuno avrebbe usato le primarie per uscire dal Pd».
Renzi in direzione chiederà lealtà. Rispetterete le regole?
«Che ci siano regole da rispettare va da sé. Il problema è cosa avviene quando si ammette, come sulla scuola, che una scelta è sbagliata. Per non trovarci il nostro mondo contro, bisogna ascoltarsi prima».
E se Renzi tira dritto?
«Col Pd diviso rischia di arrivare al 2018 indebolito. Renzi è il segretario di tutti, non di una parte. Tocca a lui proporre una strada al Pd».